La straordinarietà di un’opera d’arte a volte, non è data solo dalla maestria della tecnica o dall’emozione che suscita il soggetto. A volte, il valore dell’opera può essere celato sotto la tela o da un passato che per secoli ha velato la sua storia.
E’ il caso di un dipinto che oggi dopo circa tre secoli, possiamo rivedere nella sua veste d’origine, in una scena compiuta ed unitaria che le vicende della storia, in circostanze sconosciute, avevano separato in due parti, note come “Caccia in laguna” e “Le due Dame”.
Il riferimento prende spunto dalla grande mostra che Venezia dedica nella sua sede più prestigiosa, il palazzo Ducale, a Vittore Carpaccio, maestro del primo rinascimento veneziano, vissuto a cavallo tra il Quattro e il Cinquecento. La storia del dipinto è avvincente.
Siamo nel 1944, in una Roma da poco liberata. Un giovane architetto appassionato d’arte, interpellato da un antiquario resta colpito da una tavoletta, sporca e in cattive condizioni, dipinta su entrambi i lati. Uno di questi presenta una scena di caccia.
L’intuito gli dice che si tratta di un Carpaccio.
Fa restaurare il dipinto, cerca conferme per l’attribuzione, ne ricostruisce la storia, scoprendo che l’opera ha fatto parte di una preziosa collezione di un cardinale, parente di Napoleone.
Il clamore della notizia arriva però all’ultimo proprietario che si riappropria dell’opera che più tardi riappare in una collezione privata svizzera e, in seguito, dal 1972, al Getty Museum di Malibù e poi di Los Angeles, dove è tuttora conservata.
Ma la storia non si ferma qui.
Un altro colpo di scena arriva agli inizi degli anni Novanta dopo che alcune analisi scientifiche attesteranno che le Due Dame, opera conservata presso il museo Correr e che John Ruskin, definì “il più bel quadro del mondo” e, Caccia in laguna, sono parte di un unico dipinto.
L’opera, ricomposta, verrà presentata per la prima volta nel 1999 a Palazzo Grassi in occasione di un’importante mostra. Oggi, possiamo tornare ad ammirarla a Palazzo Ducale dove il suo significato è stato finalmente chiarito: le due donne attendono il ritorno degli uomini dal mare, metafora d’amore (ormai lontana) della vita femminile.